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Oner di firma: task da dimenticare

  • On 24 Giugno 2021

L’espressione “onor di firma” affonda le sue radici nel medioevo: già mille anni fa era forte l’esigenza di alleggerire la procedura di autenticazione legata al sigillo, modalità di provare la veridicità di un documento, che affonda le sue radici nell’antica Mesopotamia: l’autorità di turno definiva i suoi caratteri distintivi, li incideva su un supporto di pietra e, tramite questo, li imprimeva in rilievo, generalmente in argilla, sugli atti ufficiali. Il sigillo, in tal modo, aveva anche il ruolo di impedire l’apertura del papiro, nel caso specifico, o del documento, in epoche successive, cui era apposto: l’esigenza di sicurezza era ben chiara sin dai tempi dei Sumeri (ricordatelo, per favore, ai colleghi che lasciano sullo schermo della loro postazione dei post-it con le password delle proprie utenze…). Successivamente, le civiltà del metallo e la capacità di trattare le resine (antenate bio della plastica), introdussero già in età romana l’anulus, che non è una parolaccia, ma l’anello sigillo con cui le autorità imprimevano il loro consenso o rifiuto (tramite ceralacca appunto) ai documenti ufficiali. Procedura capziosa: incidere le iniziali o il simbolo di riconoscimento su metallo, in maniera nitida, dover procurarsi della ceralacca, farla sciogliere nella giusta quantità perché non “inondasse” il documento e risultasse però ben leggibile, imprimere in maniera netta l’effige incisa sul sigillo, sperare che le condizioni atmosferiche estreme (troppo caldo o troppo freddo) ovvero i semplici scossoni legati al viaggio non alterassero il suggello, invalidando il documento cui era associato.

 

Da qui l’esigenza di trovare una procedura più “snella” ed affidabile; la soluzione nacque, come si anticipava, intorno al 1088 nella Dotta Bologna, sede della prima Università d’Europa (e quindi, probabilmente, del mondo) nonché madre del primo apparato notarile; pubblici ufficiali (i notai appunto), certificavano come l’autorità di turno vergava il suo nome con agile tratto di penna: firma, da “firmus”, fermo stabile, in italiano, signature, da “signum”, sigillo appunto, nell’idioma della “perfida Albione”. Bastava replicare il tratto di inchiostro “depositato” su un documento, affinché questo risultasse valido. Per il podestà di turno era sufficiente recapitare la sua firma autografa presso i notai presenti all’interno del dicastero di sua pertinenza; dopodiché poteva agevolmente apporla agli atti ufficiali, fidando, per la sicurezza, nel diffuso analfabetismo ovvero nell’utilizzo di contenitori a codice (la versione reale del criptex inventato da Dan Brown, per intenderci).

 

 

Sono passati poco meno di mille anni da allora e noi, con la velocità che contraddistingue la nostra civiltà, siamo corsi molto più indietro dei Sumeri. Avete letto correttamente: paragonato alla tecnologia che abbiamo a disposizione, la modalità media di gestione dell’apposizione di firma odierna è a dir poco preistorica (senza voler mancare di rispetto alle civiltà della mezzaluna fertile). Abbiamo architetture e strumentazioni IT che ci consentirebbero, per esempio, quando un individuo effettua un acquisto online, di far partire un drone nel magazzino più prossimo al luogo dove è presente la merce richiesta, caricarla su un camion, e far pervenire al trasportatore, su un dispositivo elettronico, la bolla di accompagnamento ed il tragitto per raggiungere l’abitazione del compratore; ma se all’interno di questo flusso sono previste delle firme approvative interne, molto spesso la procedura prevede la stampa del documento, la firma, la scannerizzazione, al fine di proseguire il processo informatico. Accediamo ai nostri dispositivi mobili o ai nostri laptop tramite impronta digitale o facciale, ma per firmare una fattura dobbiamo replicare il “cinema” di cui sopra.

La Treccani, alla voce “Firma”, tra le varie locuzioni riporta:

per onor di f o della f., di cose che si fanno malvolentieri, solo per non mancare alla parola.”

Onere di firma, dunque, quello che continua ad essere una approvazione nel nostro pur evoluto sistema digitale.

Fortunatamente diversi attori hanno colto questa incongruenza; DocuSign, uno degli attuali leader di mercato nell’ambito delle soluzioni per l’integrazione della firma elettronica nei processi IT, ricorda quanto sia elemento di complicanza la gestione della firma in un flusso approvativo:

E ne fornisce anche una visione grafica:

Conclusioni di parte di potrà pensare; obiezione lecita, ma smontata da Forrester:

Come anticipato, DocuSign ha colto dal principio l’inadeguatezza rappresentata dalle procedure di apporre una firma nei flussi sia all’interno della singola azienda, sia nei rapporti di questa con clienti e fornitori.

Con la sua soluzione Cloud ha dapprima razionalizzato, semplificato e standardizzato la procedura:

Dopodiché si è preoccupata dell’integrazione con i principali attori presenti sul mercato:

Centrale è anche il tema della sicurezza (il notaio che certifica la firma), per cui si propongono differenti livelli di autenticazione a seconda delle necessità, dal più agevole AES (Advanced Electronic Signature), ideale per i flussi approvativi interni, al QES (Quality Electronic Signature), soluzione completa che copre anche le esigenze di avere firme legalmente riconosciute.

Perché integrare la firma elettronica nei flussi aziendali, oltre per evitare di essere cavernicoli, DocuSign ce lo ricorda ogni volta che si completa una procedura approvativa:

Amazzonia e generazioni future ringraziano.

SAP, da sempre attenta agli aspetti ambientali nonché alla collaborazione con coloro che sviluppano soluzioni valide e “green”, mette a disposizione la soluzione “SAP Signature Management by DocuSign”:https://www.sap.com/italy/products/electronic-signature-management.html

Tale componente consente l’integrazione “a 360 gradi” con qualsiasi componente delle Suites SAP (DocuSign Agreement Cloud propone delle soluzioni più “limitate”).

PL3&Partners ha recepito appieno la potenzialità e la necessità legate a queste soluzioni, impegnandosi ad acquisire le competenze necessarie per la loro implementazione.

PL3&Partners, non offre solo competenza teorica: quello che proponiamo è esattamente ciò che utilizziamo per i nostri sistemi interni.

PL3&Partners è il partner ideale per individuare la soluzione migliore per ogni specifico caso: siamo un System Integrator che si pone l’obiettivo di poter supportare i suoi partner nel modo migliore per cogliere le sempre più variegate opportunità offerte da SAP, sia che si tratti di implementare il nuovo, sia che l’esigenza sia adeguare l’esistente.

Come d’abitudine, noi non cerchiamo la soluzione ideale, bensì la soluzione ideale per Te.

Per qualsiasi informazione potete contattarci a marketing@pl3group.com

 

Giorgio Morlacchi

SAP System Administrator